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21 maggio 2009 4 21 /05 /maggio /2009 18:58

 

HENRY MILLER
Tropico del cancro

 

 

Pubblicato a Parigi nel 1934, e solo 27 anni più tardi in America, per il veto della censura, è senza dubbio il libro più noto di Miller.

E' un romanzo che registra le esperienze vissute dall'autore nei primi anni del suo soggiorno parigino, durato dal 1930 al 1939.

La vita che Miller conduceva a Parigi era una vita d'artista povero, in cerca di se stesso e della propria liberazione, e il libro è perciò una galleria di tipi stravaganti, prostitute, artisti, vagabondi. Parigi non è però mitizzata, anzi, contro tanto romanticismo del tempo, Miller così la descrive: "Una città eterna, Parigi! Più eterna di Roma, più splendida di Ninive. L'ombelico del mondo cui si torna, come idioti ciechi e malsicuri, strisciando sulle ginocchia. E come un sughero che sia andato alla deriva fino al centro morto dell'oceano, qui una persona galleggia in mezzo alla feccia e ai detriti di mari, inquieta, senza speranza, incurante persino di un Colombo di passaggio. Le culle della civiltà sono gli scoli putridi del mondo, l'obitorio cui i fetidi grembi affidano i loro pacchi sanguinolenti di carne e di ossa".

 

La storia editoriale in Italia di Tropico del Cancro, è nota: pubblicato e subito sequestrato con l’accusa di oscenità. Del resto sembrava un destino inevitabile, visto l’obiettivo dichiarato da Miller in una delle prime pagine del suo Tropico: “Una sola cosa m’interessa, ora, e ha per me un’importanza vitale; registrare tutto quello che nei libri è omesso”.
Evidentemente qualcuno non era d’accordo. Evidentemente ciò che era stato omesso fino a quel momento nei libri, doveva continuare a rimanerne fuori. Un magistrato ritenne che quel libro fosse pornografia, “offensivo del pudore secondo i comuni sentimenti”.

 

Uno dei pregi maggiori del libro è l'onestà e la naturalezza con cui vengono descritte le esperienze sessuali dei personaggi; il linguaggio, lo stile usati sono quelli del parlato quotidiano e il sesso è visto come qualcosa di quotidiano, tutto l'opposto del sesso sacrale di un D. H. Lawrence. Anche il sesso, infatti, non sfugge alla straordinaria ironia  che è sempre vivissima in Miller.

 

pagina 9

È l'autunno del mio secondo anno a Parigi. Ci sono stato mandato per una ragione che ancora non sono riuscito a penetrare.

Non ho né soldi, né risorse, né speranze. Sono l'uomo piú felice del mondo. Un anno, sei mesi fa, pensavo d'essere un artista. Ora non lo penso piú, lo sono. Tutto quel che era letteratura, mi è cascato di dosso. Non ci sono piú libri da scrivere, grazie a Dio.

E questo allora? Questo non è un libro. È libello, calunnia, diffamazione. Ma non è un libro, nel senso usuale della parola. No, questo è un insulto prolungato, uno scaracchio in faccia all'Arte, un calcio alla Divinità, all'Uomo, al Destino, al Tempo, all'Amore, alla Bellezza... a quel che vi pare.


Questa opera sarà amata da coloro che prediligono un erotismo a volte sottile, a volte sfacciato e diretto, ma mai volgare. È una finestra aperta sul mondo della Parigi degli anni '30, aperta da un uomo che non aveva paura di vivere una vita intensa e sotto molti versi sconsiderata, una vita che tutti noi forse vorremmo vivere, per le esperienze intense e vibranti che potremmo incontrare, ma che non avremmo mai il coraggio di vivere realmente. Ai nostri occhi Henry Miller oggi forse sarebbe uno dei tanti ragazzi che vive in giro per il mondo con lo zaino in spalla, chiedendo la carità agli angoli delle stazioni, e a cui sussuriamo "vai a lavorare" a denti stretti.

Leggete questo libro, con i suoi vaneggiamenti dettati dalla fame , con il suo erotismo dettato da un'amore forse proibito e perverso, ma con ancora la sporca purezza dell'amore passionale e intenso, quello che disprezziamo e giudichiamo ma che ci fa sospirare nelle notti solitarie e inappagate.

 

 

 

 

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