oriana fallaci "IL SESSO INUTILE", 1961
"Il sesso inutile": ovvero le donne. Titolo provocatorio, pronunciato distrattamente dalle labbra di un’amica infelice e felicemente riutilizzato, per chiarire fin dall’inizio il tono di uno dei primi grandi reportage a firma di una giornalista e scrittrice che della provocazione fece una delle sue armi vincenti. Era un’Oriana Fallaci poco più che trentenne, quella de Il sesso inutile, inchiesta che le commissionò nel 1960 il nuovo direttore dell’Europeo, Giorgio Fattori: obiettivo è quello di stilare un rapporto sulla condizione delle donne nel mondo, e Fallaci, accompagnata dal fotografo Duilio Pallottelli, viaggia attraverso Pakistan, India, Malesia, Singapore, Hong Kong, Giappone, Hawaii e Stati Uniti. Il reportage che realizza viene poi edito in volume nel 1961: prima pubblicazione con Rizzoli per l’autrice fiorentina. Ripubblicato nella collana Opere di Oriana Fallaci che Bur ha stampato nel gennaio 2009, con prefazione di Giovanna Botteri, il libro ha come sottotitolo “Viaggio intorno alla donna”. Ovvero: viaggio intorno al mondo alla ricerca della donne. Ci sono le cinesi, con i piedi corti sette centimetri; ci sono le geishe, delle quali il mistero insondabile della sensualità sembra venire nervosamente dissacrato; ci sono le spose bambine in lacrime, ma incapaci - e impossibilitate - a pensarsi con un destino diverso. E mille altre donne dalle storie lontane, per il lettore del 2000 ma anche per quello del 1961. Sono le storie di civiltà diverse dal mondo occidentale, affascinanti e paurose oggi ma chissà di quale portata evocativa, sociale e culturale agli inizi degli anni 60, quando la bomba della rivoluzione studentesca, e poi quella femminista, ancora erano sopite sotto il manto caldo delle tradizioni, dello sguardo dei parroci e dei partiti, del boom economico. La stessa carriera di Oriana Fallaci fino a quel momento era stata caratterizzata in parte da temi mondani: l’allora direttore dell’Europeo, Michele Serra, l’aveva mandata a Hollywood a intervistare attori e registi (tra i più famosi: Alfred Hitchcock, Gregory Peck, Orson Welles, Frank Sinatra, Judy Garland), e il frutto di questa esperienza era stato raccolto e pubblicato ne I sette peccati di Hollywood nel ’58 da Longanesi. E tuttavia già nei primi anni 50 entrano nella penna della giornalista i semi della storia: nel 1954, a Teheran, intervista Soraya; nel 1956 è in Ungheria, a Budapest, per seguire l’insurrezione contro l’occupazione sovietica della capitale. Il sesso inutile arriva dunque come un tipo di reportage nuovo. E nuovo è pure l’occhio di una donna che descrive le altre donne, con una libertà di giudizio inusuale e pressoché totale. Al punto che il motivo dell’inchiesta le appare dal principio ridicolo: perché le donne devono costituire un “argomento a parte”? Perché parlarne come di una specie protetta? Eppure, in questo viaggio attraverso civiltà e mentalità di fronte alle quali è possibile solo fermarsi e raccontare, ascoltando e registrando senza troppo commentare, proprio di specie protette Fallaci va scrivendo. E lo fa con la sua penna disincantata e veloce, con una prosa che già si avvicina al romanzo, ma anche con una profonda umanità che limita nel suo racconto la dose di giudizio che così pesantemente caratterizzerà la sua produzione futura. E neppure si trova l’afflato rivendicatorio che di lì a poco caratterizzerà il femminismo: Il sesso inutile è un libro di cronache. È un’Oriana Fallaci giovane e curiosa, da rileggere: evitando di pensare al linguaggio delle invettive sui burqa degli ultimi pamphlet, piuttosto immaginandola alla scoperta del mondo con uno sguardo già deciso ma disposto, al contempo, a lasciarsi penetrare.
[...] “E come un tale che non si ricorda di avere le orecchie perché ogni mattina se le ritrova al suo posto , e solo quando gli viene l'otite si accorge che esistono, mi venne in mente che i problemi fondamentali degli uomini nascono da questioni economiche, razziali, sociali, ma i problemi fondamentali delle donne nascono anche e soprattutto dall'essere donne. Non alludo solo a una certa differenza anatomica. Alludo ai tabù che accompagnano quella differenza anatomica e condizionano la vita delle donne nel mondo. Nei paesi mussulmani , ad esempio, nessun uomo ha mai nascosto la faccia sotto un lenzuolo per uscir nelle strade. In Cina nessun uomo ha mai avuto i piedi fasciati e ridotti a sette centimetri di muscoli atrofizzati e di ossa rotte. In Giappone nessun uomo è mai stato lapidato perché la moglie ha scoperto che non era vergine. (Si dice così per un uomo?Vedete: non esiste nemmeno la parola). Però tutte queste cose accaddero ed accadono ancora alle donne." […] "Ai miei tempi dovevamo avere i piedi più corti possibile, non più di nove centimetri. I miei però sono più lunghi perché non li fascio da quarant'anni. Si cominciava a fasciarli a cinque anni e si usavano strisce di cotone, larghe un centimetro e mezzo e lunghe due metri. Si cominciava presto perché a quell'età le ossa sono tenere. Si fasciavano tutte le dita fuorché il dito grosso e si stringeva; ogni giorno più forte finché le ossa non si rompevano e le dita si piegavano facili sotto la pianta del piede. Finché le ossa non si erano rinsaldate, bisognava stare a letto e si sentiva un gran male. Una notte soffrivo tanto che mi tolsi le fasce ma mia madre mi picchiò e allora non osai più. Mia madre diceva che le ragazze coi piedi grossi non trovano marito e solo le contadine o le serve avevano i piedi grossi. Infatti un uomo di classe superiore che voleva sposare una donna di classe superiore chiedeva: Quanto sono corti i tuoi piedi? Se non erano abbastanza corti, egli poteva annullare le nozze. Insomma per quindici anni non mi fu mai permesso di sfasciare i miei piedi che altrimenti ricominciavano a crescere e così solo il mio corpo cresceva mentre i piedi diventavano sempre più piccoli e mia madre doveva comprarmi scarpe sempre più piccole o infilare il cotone nelle scarpe vecchie". Il libro è del 1961..... sono passati quasi 50anni...... |